Per il momento definisce le linee programmatiche, individuando punti di forza e criticità. Ma senza entrare troppo nel dettaglio perché, come ha specificato l’assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso durante la presentazione, «è un cantiere che tradurrà queste linee programmatiche in azioni concrete». Il piano socio sanitario regionale 2023-2027, illustrato a grandi linee la scorsa settimana – a porte chiuse e solo agli addetti ai lavori – resta per il momento avvolto in un alone di mistero. Bertolaso ha mostrato alcune slide e fatto vedere un documento di una sessantina di pagine che però non è stato consegnato agli stakeholder. E questo ha alimentato ansie e timori, che si sono materializzati soprattutto quando nella sezione 3 delle slide, alla voce “Gli interventi sanitari”, tutti hanno letto la frase «razionalizzazione dei servizi di emergenza urgenza». Stop, null’altro. Una terminologia che molti hanno interpretato come taglio del pronto soccorso più piccoli a favore dei loro fratelli più grandi.
Le reazioni alle slide in cui si parlava di razionalizzazione per i servizi di emergenza urgenza
Apriti cielo. Nei dipartimenti dell’Emergenza-Urgenza degli ospedali lombardi, nei quali rientrano i pronto soccorso, i medici hanno fatto un balzo sulla seggiola: che cosa avrà voluto dire Bertolaso con il termine «razionalizzazione»?
Ai più è venuto in mente quando alcuni mesi fa l’assessore regionale aveva presentato il piano di riorganizzazione dell’emergenza urgenza secondo un progetto redatto da un esperto. Nel piano si era ipotizzato che ogni pronto soccorso dovesse avere determinate caratteristiche, tra cui la radiologia interna e la medicina d’urgenza, servizi che al momento in provincia di Mantova possiede solo l’ospedale Poma.
A questo punto se il dettame fosse quello, nel Mantovano resterebbe solo il pronto soccorso di Mantova. Ipotesi poco realizzabile, perché nel nostro territorio la collocazione degli ospedali comporterebbe una distanza chilometrica incompatibile con i servizi di emergenza. E poi il Poma è già abbastanza ingolfato, e lo è tutti i giorni.
Nelle tre strutture che fanno capo all’Asst di Mantova (Carlo Poma, Asola e Borgo Mantovano) sono circa 120mila gli accessi ogni anno. Il Poma vede in media circa 180 pazienti al giorno (compresi i pediatrici), Pieve di Coriano 50 e Asola 40. Un centinaio al San Pellegrino e dai 40 ai 45 al giorno a Suzzara con punte di 60. Ma questi ultimi due ospedali sono stati affidati alla gestione di privati e quindi in base agli accordi sottoscritti non possono ridurre i servizi già esistenti.
Gli accessi annuali al pronto soccorso del Poma dal 2003 ad oggi sono raddoppiati
Il pronto soccorso del Poma, nato con la costruzione del nuovo ospedale, è stato concepito nel 2002 quando l’afflusso dei pazienti si aggirava intorno ai 15mila accessi all’anno. Ma, come accaduto in tutta Italia, i pronto soccorso negli ultimi anni hanno avuto un’impennata di ingressi. Al Poma nel 1985 erano 10mila, saliti a 25mila nel 2003 (anno dell’apertura del nuovo ospedale) e diventati più di 50mila oggi, a cui vanno sommati gli oltre 15mila del pronto soccorso pediatrico. Ma non c’è solo il destino dei piccoli pronto soccorso ad agitare camici bianchi e popolazione: tra le note delicate c’è quella delle liste d’attesa, a cui viene riservato un breve paragrafo senza specificare come si intenda ridurle. Il salvagente viene lanciato nell’ultima pagina: «Il piano è uno strumento politico che definisce le linee programmatiche regionali in tema di salute e sanità. Non specifica i dettagli delle singole sezioni ma motiva e identifica la cornice entro la quale Regione intende muoversi».
Tornando al piano regionale, sempre alla sezione “Interventi sanitari”, si parla anche di diagnosi precoce e prevenzione primaria e secondaria, con l’intento di ottimizzare gli accessi ai percorsi di screening attraverso il coinvolgimento dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta. Capitolo a parte quello su “cura e riabilitazione” nel quale si punta ad una migliore accessibilità dei servizi, equità nella fruizione dei livelli essenziali di assistenza e, genericamente, di riduzione tempi e liste di attesa. Un accenno anche all’ottimizzazione dell’appropriatezza prescrittiva.
I sindaci: «Non è il momento delle sforbiciate». Palazzi: «Si ritorcerebbero sui medici di famiglia»
L’ipotesi di tagliare i piccoli pronto soccorso – se fosse confermata – agita il mondo politico e soprattutto i sindaci. Il sindaco di Mantova, Mattia Palazzi, si mostra cauto: «Premetto che non conoscendo il nuovo piano socio sanitario regionale il mio commento è in linea di principio e non specifico. Fatto questo inciso posso dire che uno dei punti nevralgici del sistema sanitario è rappresentato dai pronto soccorso, che a quanto mi risulta sono tutti in difficoltà, sia dal punto di vista del personale mancante che a livello organizzativo. Quindi credo, sempre in linea di principio, che la strada da percorrere certamente non sia quella dell’indebolimento dei pronto soccorso, che rappresentano l’unico accesso dei cittadini al sistema sanitario».
Per Palazzi, dunque, non solo non andrebbero tagliati, «semmai si può ragionare di riorganizzazione, ma solo nel momento in cui la rete territoriale dell’assistenza venga completata. Ma tutto ciò al momento non è avvenuto in modo strutturale. Mi riferisco alle Case e agli Ospedali di comunità e alla rete dei medici di medicina generale, da molto tempo insufficienti nella nostra provincia. Tagliare oggi i pronto soccorso renderebbe più difficile la vita dei cittadini. Capisco che l’intero sistema abbia bisogno di una riorganizzazione ma questa deve essere fatta nel momento in cui sono stati attivati dei presidi di prossimità per i cittadini. Inoltre, tengo anche a sottolineare che oggi i medici di medicina generale hanno numeri di assistiti elevatissimi, sono oberati di burocrazia e perdono molto tempo in pratiche a discapito dell’assistenza ai loro pazienti».
Nicola Cavatorta, vice presidente della conferenza dei sindaci dell’Asst di Mantova e sindaco di Viadana, mette le mani avanti: «Come organismo ci siamo riuniti due settimane fa, quando ancora il piano socio sanitario regionale non era stato illustrato e quindi non abbiamo affrontato l’argomento ma abbiamo discusso su quanto fatto nel corso dell’ultimo anno. Il 23 novembre ci sarà una nuova riunione della conferenza alla quale parteciperanno il direttore generale Mara Azzi e i consiglieri regionali. In quella sede certamente cercheremo di saperne di più. Al momento il mio giudizio, francamente, è che qualsiasi taglio è auspicabile non avvenga, una ulteriore “razionalizzazione” dei servizi nel nostro territorio creerebbe un problema serio, visto tra l’altro che in questo periodo, per quanto riguarda la nostra zona, siamo già impegnati nel ripristinare il punto nascita».